Ieri sera è nata Lucrezia, la figlia di Diana ed Antonio.
Benvenuta, Lucrezia! Che tu possa crescere in età, sapienza e grazia.
Ai felici ed orgogliosi genitori e al fratello Elia le nostre più vive congratulazioni.
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mercoledì 28 febbraio 2007
mercoledì 21 febbraio 2007
Il Sacro Monte di Ossuccio
In tutte le culture religiose il monte è il luogo dove la divinità comunica con l'uomo e, soprattutto, il luogo dove essa risiede. Anche nella nostra tradizione cristiana i santuari sono molto frequentemente posti in cima ad un monte. Il Santuario della Madonna del Soccorso sorge nel comune di Ossuccio, sulla sponda occidentale del Lario, a 25 km da Como.
E' situato su un declivio della montagna, a 400 m s/m, sopra i paesi di Ossuccio e Lenno e di fronte all'isola Comacina.
Il luogo, completamente isolato dagli abitati, è circondato da prati, uliveti e boschi, e si presenta come un poggio da cui si ha il panorama di tutto il centro lago.
Recentemente Il Sacro Monte di Ossuccio è entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità, censito e tutelato dall’ UNESCO.
A circa un chilometro dal Santuario inizia il viale delle cappelle, lungo il quale si allineano 14 tempietti baroccheggianti, che racchiudono le scene rappresentanti i fatti della vita di Gesù e della Madonna, ricordati nei misteri del rosario (il 15° mistero è raffigurato nel Santuario). I fatti sono raffigurati con statue in stucco e terracotta, a grandezza naturale, e con affreschi. Le cappelle, realizzate tra il 1635 e il 1710, sono veri capolavori d'arte degli stuccatori della scuola intelvese e rappresentano una singolare documentazione etnografica e folcloristica di quei secoli. Autore principale delle opere lo stuccatore Agostino Silva, di Morbio (1670-1706).
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V CAPPELLA-LA DISPUTA DI GESU' CON I DOTTORI DEL TEMPIO
(cliccare sulle immagini per ingrandirle)
La cappella si presenta all'inizio del viale, sulla destra. Sulla facciata c'è una finestra centrale ad arco ma non rifiniture rettangolari in granito. Si presenta come una delle cappelle più importanti e più ricche. Nonostante l'elevato numero di personaggi (ventuno in totale, senza contare i due cani), la varietà delle fogge degli abiti, dei copricapi e delle tredici poltrone su cui parte di essi siedono, i dieci grandi libri che si trovano disseminati ovunque, la molteplicità delle posture, i numerosi personaggi supplementari dipinti sulle pareti e la ricchezza decorativa della cupola, ciò che principalmente colpisce è l'unitarietà della scena. Tutti i personaggi posti in cerchio intorno alla figura di Gesù dodicenne sono "stupiti del suo senno e delle sue risposte". Lo stupore, la meraviglia, lo sconcerto lega ciascun personaggio al Protagonista, creando un effetto corale compatto.
V CAPPELLA-LA DISPUTA DI GESU' CON I DOTTORI DEL TEMPIO
(cliccare sulle immagini per ingrandirle)
La cappella si presenta all'inizio del viale, sulla destra. Sulla facciata c'è una finestra centrale ad arco ma non rifiniture rettangolari in granito. Si presenta come una delle cappelle più importanti e più ricche. Nonostante l'elevato numero di personaggi (ventuno in totale, senza contare i due cani), la varietà delle fogge degli abiti, dei copricapi e delle tredici poltrone su cui parte di essi siedono, i dieci grandi libri che si trovano disseminati ovunque, la molteplicità delle posture, i numerosi personaggi supplementari dipinti sulle pareti e la ricchezza decorativa della cupola, ciò che principalmente colpisce è l'unitarietà della scena. Tutti i personaggi posti in cerchio intorno alla figura di Gesù dodicenne sono "stupiti del suo senno e delle sue risposte". Lo stupore, la meraviglia, lo sconcerto lega ciascun personaggio al Protagonista, creando un effetto corale compatto.
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SETTIMA CAPPELLA-LA FLAGELLAZIONE DI GESU' ALLA COLONNA
SETTIMA CAPPELLA-LA FLAGELLAZIONE DI GESU' ALLA COLONNA
Ci sono sette statue di Agostino Silva. Nel centro stà Gesù seminudo, con le mani dietro la schiena, appoggiato ad una colonna, con il volto piegato verso destra, quasi a non voler vedere il carnefice che sta per flagellarlo. La muscolatura è fortemente pronunciata. Dietro Gesù, c'è un personaggio che gli sta legando le mani.Sulla destra, un carnefice si prepara alla flagellazione. Indossa una tunica con alamari dorati, un grosso cordone alla cintura e dei pantaloni corti. Sulla sinistra, un'altro fustigatore indossa dei pantaloni a righe, arrotolati sopra il ginocchio e una camicia con un'unica manica.L'affresco centrale rappresenta una prospettiva architettonica: una fontana in una nicchia rocciosa con un putto in piedi e, sopra, la scritta S.P.Q.R. (Senatus Populusque Romanus); sullo sfondo montagne, alberi, castelli.
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VIII CAPPELLA-GESU' E' CORONATO DI SPINE
All'interno ci sono sei statue, opera di Agostino Silva. E' la rappresentazione del ludibrio di Gesù, ammantato di porpora per derisione, fatto sedere su un cuscino di velluto appoggiato sopra una specie di trono, con una canna infilatagli tra le mani legate, a raffigurare lo scettro. Il torturatore alla sua destra veste come i contadini del luogo, quello alla sua sinistra come i lanzichenecchi.Di fronte a Gesù si stà intanto inchinando un altro individuo, calvo con un orribile gozzo. "Salute, re dei Giudei". Si è tolto il cappello in segno di finta sottomissione, infatti, con la mano sinistra, sta facendo un gesto di scherno e ha la lingua fuori.
VIII CAPPELLA-GESU' E' CORONATO DI SPINE
All'interno ci sono sei statue, opera di Agostino Silva. E' la rappresentazione del ludibrio di Gesù, ammantato di porpora per derisione, fatto sedere su un cuscino di velluto appoggiato sopra una specie di trono, con una canna infilatagli tra le mani legate, a raffigurare lo scettro. Il torturatore alla sua destra veste come i contadini del luogo, quello alla sua sinistra come i lanzichenecchi.Di fronte a Gesù si stà intanto inchinando un altro individuo, calvo con un orribile gozzo. "Salute, re dei Giudei". Si è tolto il cappello in segno di finta sottomissione, infatti, con la mano sinistra, sta facendo un gesto di scherno e ha la lingua fuori.
Di personaggi deturpati da orribili gozzi (che dovevano essere molto frequenti nella zona) se ne contano ben sei e tutti appartengono alla categoria dei "cattivi", ai torturatori, confermando la crudele equazione: bruttezza = cattiveria.
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X CAPPELLA - LA CROCIFISSIONE DI GESU'
Il Cristo in croce tiene il viso rivolto verso l'alto. Ai suoi lati, due piccoli angeli gli volano accanto. Un altro angioletto vola ai suoi piedi. Alla destra di Gesù, un po' più lontano, aleggia un angelo più grande, vestito di blu con bordure dorate e ampie ali piumate. Alla sua sinistra, un altro angelo delle stesse dimensioni, vestito di bianco e ammantato di verde. Sotto la croce si trova il gruppo delle quattro donne e dell'apostolo Giovanni che dividono il dolore di Maria (in abito rosso e manto blu). Contrasta con la drammaticità di questo gruppo, la staticità dei due soldati romani.
X CAPPELLA - LA CROCIFISSIONE DI GESU'
Il Cristo in croce tiene il viso rivolto verso l'alto. Ai suoi lati, due piccoli angeli gli volano accanto. Un altro angioletto vola ai suoi piedi. Alla destra di Gesù, un po' più lontano, aleggia un angelo più grande, vestito di blu con bordure dorate e ampie ali piumate. Alla sua sinistra, un altro angelo delle stesse dimensioni, vestito di bianco e ammantato di verde. Sotto la croce si trova il gruppo delle quattro donne e dell'apostolo Giovanni che dividono il dolore di Maria (in abito rosso e manto blu). Contrasta con la drammaticità di questo gruppo, la staticità dei due soldati romani.
Seduti per terra, ci sono quattro personaggi che si stanno giocando a dadi la veste di Gesù. In primo piano, a sinistra, c'è un giovane dai lunghi capelli con una tunica rossa e la corazza, che tiene un dado tra le dita. Di fronte a lui, un soldato che con la mano destra ha appena lanciato i dadi e che guarda attentamente il numero che è uscito.Porta sul capo un elmo dorato, con un curioso uccello come cimiero e al collo un grande nastro a fiocco, verde. Assistono alla partita un uomo ed un soldato. L'uomo ha un occhio bendato ed un braccio al collo; porta un copricapo basso e dorato e una corta tunica verde con cotta di maglia. Il soldato tiene uno scudo con la scritta S.P.Q.R. e porta in capo un elmo dorato e sugli spallacci teste leonine.
Sul cavallo bianco c'è un soldato con un elmo dorato piumato tutto avvolto nel fluttuante mantello verde dai bordi dorati da cui traspare in parte la camicia, la corazza dorata, il gonnellino, i lunghi calzari. Tiene le braccia aperte. In piedi, accanto al suo cavallo, stà un uomo vestito di scuro, deturpato da un gozzo, che regge una corda da cui pende una targa dai bordi ondulati, con le lettere JNRI (Jesus Nazarenus Rex Iudaeorum). Il personaggio issato sul cavallo marrone indossa un elegante abito rosso da cui fuoriescono maniche dorate e un manto verde con elaborate bordure in oro ed un cappello verde a cono con pesante bordura dorata.Sul cavallo nero è seduto un cavaliere che indossa un piccolo copricapo, una giubba verde con gorgera e maniche dorate.
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XI CAPPELLA - LA RESURREZIONE
La rappresentazione è composta da sette statue di Agostino Silva: Gesù risorto, un angelo e cinque soldati a guardia del sepolcro.Nel centro domina il sepolcro scoperchiato da cui esce trionfante Gesù risorto, seminudo nella stola bianca, con dietro una grande aureola da cui si sprigionano raggi d'oro. Con la mano sinistra regge un gonfalone bianco e la mano destra è levata verso il cielo. L'angelo, a terra, sembra in procinto di atterrare o di librarsi in aria, grazie al movimento delle gambe e al panneggio della corta tunica e del mantello verde bordato d'oro. Dinanzi al sepolcro, giace a terra un soldato sopraffatto dalla resurrezione di Gesù. Anche il soldato che sta in piedi accanto al sepolcro appare sorpreso e terrorizzato dall'apparizione. Sta per sguainare la spada ma la sua espressione lascia intendere la consapevolezza della propria impotenza di fronte all'evento miracoloso.
XI CAPPELLA - LA RESURREZIONE
La rappresentazione è composta da sette statue di Agostino Silva: Gesù risorto, un angelo e cinque soldati a guardia del sepolcro.Nel centro domina il sepolcro scoperchiato da cui esce trionfante Gesù risorto, seminudo nella stola bianca, con dietro una grande aureola da cui si sprigionano raggi d'oro. Con la mano sinistra regge un gonfalone bianco e la mano destra è levata verso il cielo. L'angelo, a terra, sembra in procinto di atterrare o di librarsi in aria, grazie al movimento delle gambe e al panneggio della corta tunica e del mantello verde bordato d'oro. Dinanzi al sepolcro, giace a terra un soldato sopraffatto dalla resurrezione di Gesù. Anche il soldato che sta in piedi accanto al sepolcro appare sorpreso e terrorizzato dall'apparizione. Sta per sguainare la spada ma la sua espressione lascia intendere la consapevolezza della propria impotenza di fronte all'evento miracoloso.
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IL SANTUARIO
Il Santuario è di epoche diverse: il corpo centrale fu completato nel 1537; seguirono decorazioni e ampliamenti fino al 1730. La tradizione popolare lega gli inizi della devozione alla Madonna ad una antica statua di Maria e a un antico dipinto.
La statua, nascosta probabilmente sul luogo in tempi di lotte e invasioni, fu qui ritrovata da una fanciulla sordomuta che ebbe il dono della guarigione. La pietà popolare portò più volte tale statua in paese, ma essa tornò sempre misteriosamente al suo posto: si decise così di erigere un Santuario.
La statua si trova ora in una cappella votiva posizionata sulla sinistra, rispetto all'altare maggiore.
La statua, attribuita al quattordicesimo secolo, è in marmo bianco, forse ricavato dalla cava di Musso, vicino a Dongo. Maria è seduta su un trono con protomi leonine, mentre le pareti laterali esterne mostrano due facce umane che emergono da specie di finestre quadrilobate. Sorregge il Bambino, che è in piedi sul suo ginocchio sinistro. Entrambi, Madre e Bambino, reggono con la mano destra uno stesso scettro fiorito. Con l'altra mano, il Bambino regge il tradizionale uccellino. Maria indossa una veste con l'orlo ricamato. Le spalle sono coperte da un velo che ricade dal cinto di una corona che ha in capo. La corona, i capelli, i gigli e l'orlo della veste portano ancora i segni di un'antica doratura.
IL SANTUARIO
Il Santuario è di epoche diverse: il corpo centrale fu completato nel 1537; seguirono decorazioni e ampliamenti fino al 1730. La tradizione popolare lega gli inizi della devozione alla Madonna ad una antica statua di Maria e a un antico dipinto.
La statua, nascosta probabilmente sul luogo in tempi di lotte e invasioni, fu qui ritrovata da una fanciulla sordomuta che ebbe il dono della guarigione. La pietà popolare portò più volte tale statua in paese, ma essa tornò sempre misteriosamente al suo posto: si decise così di erigere un Santuario.
La statua si trova ora in una cappella votiva posizionata sulla sinistra, rispetto all'altare maggiore.
La statua, attribuita al quattordicesimo secolo, è in marmo bianco, forse ricavato dalla cava di Musso, vicino a Dongo. Maria è seduta su un trono con protomi leonine, mentre le pareti laterali esterne mostrano due facce umane che emergono da specie di finestre quadrilobate. Sorregge il Bambino, che è in piedi sul suo ginocchio sinistro. Entrambi, Madre e Bambino, reggono con la mano destra uno stesso scettro fiorito. Con l'altra mano, il Bambino regge il tradizionale uccellino. Maria indossa una veste con l'orlo ricamato. Le spalle sono coperte da un velo che ricade dal cinto di una corona che ha in capo. La corona, i capelli, i gigli e l'orlo della veste portano ancora i segni di un'antica doratura.
Alle pareti, alcuni quadri raccontano di grazie concesse dalla Vergine del Soccorso. Su un lato della cappella sono appesi numerosi altri ex voto.
Il dipinto, che rappresenta la Vergine con il Bambino Gesù e S. Eufemia, è molto antico (1501) e si trova su un altare laterale del Santuario.
La tela, raffigurante S. Giuseppe, del pittore F. Grandi (fine '800), rimasta esposta prima su un altare della basilica vaticana, fu, nel 1963, durante il pontificato di Giovanni XXIII, donata al Santuario, ed è collocata in un altare laterale, di fronte al dipinto della Vergine di cui sopra..
La sacrestia contiene un monumentale armadio di noce del 1711 che non ho potuto fotografare in quanto il locale non era, al momento, accessibile.
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NOTA: alcune delle informazioni riportate in questa pagina sono state ricavate dall'opuscolo SANTUARIO MADONNA DEL SOCCORSO, esposto presso il santuario e dal libro di Piera Gatta Papavassiliou "Il Sacro Monte di Ossuccio" dell'editoriale Giorgio Mondadori. Per ulteriori informazioni guardare i seguenti links:
Santuario e Sacro Monte di Ossuccio
Sistema lago di Como
NOTA: alcune delle informazioni riportate in questa pagina sono state ricavate dall'opuscolo SANTUARIO MADONNA DEL SOCCORSO, esposto presso il santuario e dal libro di Piera Gatta Papavassiliou "Il Sacro Monte di Ossuccio" dell'editoriale Giorgio Mondadori. Per ulteriori informazioni guardare i seguenti links:
Santuario e Sacro Monte di Ossuccio
Sistema lago di Como
Fettine di pollo panate con contorno tricolore
500 g di petto di pollo a fettine
1 uovo grande
sale, pepe q.b.
pane grattugiato
olio di oliva
per il contorno:
pomodorini
rucola
salsa tipo tzatziki (un cetriolo, una vaschetta di yogurt greco, uno spicchio d'aglio,sale, pepe, un cucchiaino di olio e mezzo di aceto, facoltative due foglioline di menta)
Battere leggermente le fettine di pollo. In una fondina rompere l'uovo, condirlo con sale e un pizzico di pepe, batterlo con i rebbi di una forchetta. Immergere le fettine nell'uovo e lasciarvele per una decina di minuti. Sgocciolarle e passarle nel pangrattato, premendo bene sulla superficie per fare aderire l'impanatura. Friggere in olio caldo alcuni minuti per parte. Sgocciolare su carta assorbente.
Lavare, asciugare e tagliare in quattro i pomodorini. Lavare e sgrondare anche la rucola, tagliandola poi alla julienne. Trasferire in ciotole separate. Preparare la salsetta sbucciando il cetriolo e passandolo su una grattugia a fori grossi. Mettere il ricavato in un panno carta e strizzare molto bene l'acqua di vegetazione. Sbucciare l'aglio e passarlo sulla grattugia dai fori piccoli.Unire alla polpa dei due ingredienti lo yogurt, un pizzico di sale e una macinata di pepe, l'olio, l'aceto e le eventuali foglioline di menta, tritate finemente. Mescolare accuratamente e servire accompagnato da una forma di pane casereccio.
Minestra de ris e predesée
Una della minestre più gradite in famiglia. La ricetta risale ai tempi che Berta filava. La nonna metteva l'aglio nel trito di prezzemolo, mia madre (per idiosincrasia alle gigliacee) no. Io ce lo metto e, anche se la versione milanese del ris ed erburin ne è priva, trovo ci stia bene.
Minestra di riso e prezzemolo
per quattro persone
brodo di carne o acqua e dado q.b.
una grossa patata farinosa
2 porretti
4 pugni di riso originario
un bel mazzetto di prezzemolo
1 spicchio d'aglio
una noce di burro
formaggio grana grattugiato
Lavare e affettare sottile il porro. Sbucciare, lavare e tagliare in quarti la patata. Versare gli ortaggi nella pentola contenente il brodo e portare a bollore. Cuocere finché la patata sarà sfatta, raccoglierla con la ramina e schiacciarla con una forchetta. Rimetterla nella pentola e aggiungere il riso. Nel frattempo, mondare e lavare il prezzemolo. Asciugarlo e tritarlo con la mezzaluna, in compagnia dell'aglio (se piace). Quando anche il riso sarà cotto, spegnere il fornello, aggiungere il trito aromatico e una noce di burro. Versare nelle fondine e servire con il grana a parte.
Minestra di riso e prezzemolo
per quattro persone
brodo di carne o acqua e dado q.b.
una grossa patata farinosa
2 porretti
4 pugni di riso originario
un bel mazzetto di prezzemolo
1 spicchio d'aglio
una noce di burro
formaggio grana grattugiato
Lavare e affettare sottile il porro. Sbucciare, lavare e tagliare in quarti la patata. Versare gli ortaggi nella pentola contenente il brodo e portare a bollore. Cuocere finché la patata sarà sfatta, raccoglierla con la ramina e schiacciarla con una forchetta. Rimetterla nella pentola e aggiungere il riso. Nel frattempo, mondare e lavare il prezzemolo. Asciugarlo e tritarlo con la mezzaluna, in compagnia dell'aglio (se piace). Quando anche il riso sarà cotto, spegnere il fornello, aggiungere il trito aromatico e una noce di burro. Versare nelle fondine e servire con il grana a parte.
lunedì 19 febbraio 2007
Quelle sirene a due code
"Le sirene bifide (a due code) sono simboli di femminilità e costellano i capitelli di varie chiese, sino a divenire una specie di marchio di fabbrica della scultura romanica, a Pavia, a Como e in diversi altri luoghi, in tutta l'Europa. Oltre alla doppia natura donna-pesce, la doppia coda contribuisce a sottolinearne l'ambiguità e ad apparentarle al segno astrologico dei Pesci. Esse sono simbolo di fertilità e di eterna generazione, ma la forma le rende simili anche alla lettera "omega" dell'alfabeto greco (l'ultima lettera, che può rappresentare la fine di tutte le cose): un'ulteriore ambiguità, il principio e la fine riassunti nello stesso segno.". Alberto Arecchi - dal sito mia pavia
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Una di queste misteriose sirene la si può ancora vedere a Bolvedro di Tremezzo, sul lago di Como.
Nel piccolo borgo lariano, in piazza Roma all'angolo con via Monte Grappa, si trova un capitello, murato lungo lo spigolo di un edificio.
La faccia anteriore, integralmente visibile, rappresenta una sirena, dal busto nudo, che regge con entrambe le mani le estremità, provocantemente divaricate, della coda biforcuta.
La parte laterale presenta una figura antropomorfa maschile con la coda.
A Como, arrivando in Piazza San Fedele, imboccate la via Odescalchi, che inizia all'angolo di questa caratteristica casa di epoca medioevale.
Fatti pochi passi, sulla destra della via, all'altezza di una farmacia, alzate gli occhi: in un bassorilievo lapideo, che orna la chiave di volta di un arco dell'edificio, scoprirete un'altra sirena bicaudata.
La storia di queste sirene e altri racconti di borghi, di lago e di monti si possono trovare nel libro di Natale Gagliardi "Quelle sirene con due code" Editoriale Lombarda.
mercoledì 14 febbraio 2007
Tazzine di Cupido al cioccolato e Baileys
Per 2 tazzine:
50 g di burro
1 cucchiaio da minestra colmo di mandorle tritate finissime, più un extra per spolverare le tazzine
100 g di cioccolato fondente al 75% di cacao
1 uovo + 1 tuorlo
2 cucchiai di zucchero di canna
2 cucchiai di Baileys
zucchero a velo per decorare
Accendere il forno a 200°. Imburrare due tazzine da cappuccino resistenti al calore (o due ramequins) e spolverarle con un po' di mandorle tritate.
Battere il tuorlo, l'uovo intero e lo zucchero finché diventa tutto soffice, aggiungere il cioccolato (precedentemente fatto fondere al MO con il burro) , il cucchiaio di mandorle tritate e il Baileys. Dividere la miscela nelle due tazze. Dare 12 minuti di cottura, finchè il composto si gonfierà e sarà sodo. Appena cotto, poggiatevi sopra uno stencil ritagliato a cuore,cospargete di zucchero a velo e servite immediatamente.
Le tazzine si possono preparare fino a 4 ore in anticipo (impasto crudo) e conservare in frigorifero. In questo caso, date 2-3 minuti extra di cottura.
PS se volete creare l'effetto "cuore fondente", date solo 10' di cottura.
Cuore al cioccolato
Per la torta:
5 tuorli
180 g di zucchero fine
1 bustina vanillina
200 g di cioccolato fondente *
100 g di burro
120 g di farina 00
8 g lievito per dolci (2 cucchiaini rasi)
un pizzico di sale
4 albumi
Facoltativi: 1 cucchiaino di cannella in polvere o 2 cucchiai di liquore
Per la copertura:
200 g di cioccolato fondente **
1 noce di burro
Montare con le fruste elettriche i tuorli con lo zucchero e la vanillina. Quando saranno gonfi e chiari aggiungere, sempre battendo con le fruste, il cioccolato, fuso a bagnomaria con il burro e lasciato intiepidire. Unire lentamente la farina setacciata con il lievito. Infine, amalgamare con delicatezza gli albumi, montati a neve ferma con un pizzico di sale. Imburrare e infarinare uno stampo a cuore o uno tondo del diametro di 24 cm, versarvi l'impasto, battere sul tavolo per eliminare vuoti d'aria e cuocere in forno a 160-170°C per 25'. Fare la prova dello stecchino per verificare la perfetta cottura. Sformare la torta sopra una gratella e lasciarla raffreddare. In un pentolino mettere il cioccolato rotto in pezzi; far sciogliere a bagnomaria su fiamma bassissima, togliere dal fuoco e unire una noce di burro. Spalmare la glassa sul dolce aiutandosi con una spatola. Servire accompagnato da panna montata.
Volendo, si può aromatizzare la torta con un cucchiaino di cannella in polvere o con un liquore a piacere (Grand Marnier, Rhum, Brandy). Io ho messo la cannella.
* ho usato 100g di cioccolato fondente al 50% di cacao e 100 g di cioccolato al 75% di cacao
** ho usato 150 g di cioccolato fondente al 50% di cacao e 50 g di cioccolato al 75% di cacao
mercoledì 7 febbraio 2007
Insalata di patate e verza
4 patate medie a pasta gialla
mezza verza
2 cucchiaiate di capperini sott'aceto
2 cipollotti
2 cucchiai di vino bianco secco
olio extravergine di oliva
aceto balsamico o aceto bianco
1 cucchiaio di senape
sale, pepe q.b.
Lessare le patate con la buccia, scolarle, sbucciarle e tagliarle a fette. Metterle in una capace insalatiera, salarle leggermente e insaporirle con il vino bianco secco. Nel frattempo, scottare per 2 o 3 minuti, in acqua bollente salata, le foglie di verza; scolarle e farle raffreddare sotto un getto d'acqua gelata. Sgrondarle con cura e tagliarle a striscioline. Tagliare i cipollotti alla julienne e tenerli per una mezz'oretta in una coppa di acqua fredda (serve a rendere il loro sapore meno marcato). In una ciotolina mettere sale, macinata di pepe, senape e aceto. Mescolare gli ingredienti con una frustina, aggiungere a filo l'olio extravergine e completare con i capperini. Riunire le patate, la verza e i cipollotti (scolati e asciugati), condire con la salsetta, mescolare accuratamente e lasciar insaporire per una mezz'ora prima di mettere in tavola.
Torta delicata di mele e mandorle
La si prepara in un attimo ed è di facilissima esecuzione.
Per la torta:
150 g di farina
125 g di zucchero a velo
1 pizzico di sale
2 cucchiaini rasi di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
3 uova
3 mele renette
50 g di burro liquefatto e freddo
100 g di panna
3 cucchiai di brandy
per la guarnizione:
60 g di mandorle pelate e tritate grossolanamente
2 cucchiai di miele
20 g di burro
Setacciare la farina con il lievito, sale e vanillina. Mettere nella ciotola dell'impastatrice munita delle fruste a filo. Unire le uova e cominciare ad amalgamare l'impasto aggiungendo lo zucchero, il burro fuso, la panna e il brandy. Frullare per pochi minuti. Imburrare e infarinare una teglia dal bordo apribile (24 cm diam.), versare l'impasto, adagiarvi le mele, sbucciate e tagliate a fettine, disponendole in cerchi concentrici. Infornare a 180°C per 25 minuti circa. Estrarre il dolce dal forno e versarci sopra un composto fatto con 20g di burro fuso, i due cucchiai di miele e le mandorle tritate grossolanamente. Proseguire la cottura per altri 10 minuti finché le mandorle saranno dorate. Sformare la torta e lasciarla raffreddare su di una gratella.
Per la torta:
150 g di farina
125 g di zucchero a velo
1 pizzico di sale
2 cucchiaini rasi di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
3 uova
3 mele renette
50 g di burro liquefatto e freddo
100 g di panna
3 cucchiai di brandy
per la guarnizione:
60 g di mandorle pelate e tritate grossolanamente
2 cucchiai di miele
20 g di burro
Setacciare la farina con il lievito, sale e vanillina. Mettere nella ciotola dell'impastatrice munita delle fruste a filo. Unire le uova e cominciare ad amalgamare l'impasto aggiungendo lo zucchero, il burro fuso, la panna e il brandy. Frullare per pochi minuti. Imburrare e infarinare una teglia dal bordo apribile (24 cm diam.), versare l'impasto, adagiarvi le mele, sbucciate e tagliate a fettine, disponendole in cerchi concentrici. Infornare a 180°C per 25 minuti circa. Estrarre il dolce dal forno e versarci sopra un composto fatto con 20g di burro fuso, i due cucchiai di miele e le mandorle tritate grossolanamente. Proseguire la cottura per altri 10 minuti finché le mandorle saranno dorate. Sformare la torta e lasciarla raffreddare su di una gratella.
lunedì 5 febbraio 2007
Torta di pan meino con zabaglione
Qualche tempo fa, rovistando nei cassetti di mamma, ho trovato questa ricetta. Chi la vergò, con così bella grafia, fu la signora Maria, buonanima, proprietaria di un antico bar gelateria nel nostro paese e con fama di gran cuoca.
TORTA DI PAN MEINO
200 g farina bianca
100 g farina di mais fioretto
200 g zucchero fine Zefiro
200 g burro, liquefatto e freddo
4 uova medie
1 bustina vanillina
1 bustina lievito per dolci
1 manciata di fiori di sambuco essiccati
Lavorare a lungo, con le fruste, i tuorli e lo zucchero, fino ad ottenere una massa bianca e soffice. Unire lentamente le due farine e il lievito setacciato, alternando cucchiaiate di farina con cucchiaiate di burro liquefatto. Montare le chiare a neve ferma, unirle all'impasto lavorando con una spatola flessibile e con movimento dall'alto verso il basso, per non smontare il composto. Imburarre e infarinare una tortiera del diametro di cm 26. Versare la massa, cospargerla con i fiori di sambuco essiccati e spolverizzare con un poco di zucchero. Cuocere in forno a 170°C per 45 minuti circa.
Se si vogliono preparare i pan meini, usare solo i tuorli delle uova; formare dei piccoli panini, adagiarli su placca coperta da carta forno, spolverizzare con zucchero e sambuco e cuocere a 170°C per 15-20 minuti.
ZABAGLIONE
3 tuorli
4 cucchiai di zucchero
1 bicchiere di vino liquoroso (Marsala, Passito)
150 ml panna fresca
Battere con una frusta i tuorli con lo zucchero fino ad avere un composto soffice e chiaro. Mettere la bacinella su un bagno maria caldo,aggiungere piano piano il vino continuando a frullare. Montare il composto finchè diventerà tiepido, toglierlo dal fuoco e continuare a frullare sino a raffreddamento. Tenere in frigo. Fin qui la ricetta canonica. Se ci si vuol complicare la vita... Montare la panna, aggiungerla delicatamente allo zabaglione e servire.
Si può preparare lo zabaglione usando il sifone ISI e seguendo le indicazioni che avevo postato qui
Nota di colore, dal sito Gli onesti piaceri: Fra' Pasquale de Baylon (1540-1592), del Terzo Ordine dei Francescani, approdato a Torino per il suo apostolato presso la Parrocchia di San Tommaso, consigliava alle sue penitenti (specialmente a quelle che si lamentavano della poca vivacità del consorte) una sua ricetta che, sintetizzata in 1+2+2+1, avrebbe dato vigore e forza al soggetto.
Santificato nel 1680 da Papa Alessandro VIII entrò rapidamente nella leggenda, tanto che le donne torinesi tra di loro si scambiavano e consigliavano la sua ricetta per beneficiare del miracolo del Santo Pasquale de Baylon, il cui nome, in dialetto torinese, fu subito abbreviato in San Bajon.
Nacque così a Torino 'L Sanbajon, in seguito italianizzato in Zabaione o Zabaglione.
San Pasquale de Baylon è, dal 1722, il Santo Protettore di tutti i Cuochi del mondo; la sua festa è il 17 maggio ed è venerato in Torino nella chiesa di San Tommaso in Via Pietro Micca.
La Ricetta
Mettere:
1 tuorlo d'uovo
2 cucchiaini di zucchero e sbattere fino a quando il tuorlo diventa quasi bianco
Aggiungere:
2 gusci d'uovo abbondanti di marsala (non all'uovo)
1 guscio d'acqua
Mettere sul fuoco con fiamma limitata (o a bagnomaria) sempre rimescolando con un cucchiaino sino al primo cenno di bollore . Togliere dal fuoco e continuare a rimescolare.
venerdì 2 febbraio 2007
Risotto con salsiccia e profumo di tartufo
Questo risotto è piaciuto moltissimo. Per conferirgli il profumo di tartufo, senza tuttavia accendere un mutuo, ho usato un tubetto di crema di tartufo bianco Boscovivo.
350 g di riso Carnaroli
mezza cipolletta
250 g di salsiccia a nastro
1 calice di vino bianco secco
brodo di carne
1/2 tubetto di crema di tartufo bianco
parmigiano reggiano grattugiato
burro
Tritare la cipolla finemente e rosolarla in una casseruola con 40 g di burro, avendo cura di non farla bruciare o rilascerà un sapore amaro che rovinerà il risotto. Unire la salsiccia, spellata e sbriciolata. Quando si sarà uniformemente colorita, aggiungere il riso e, mescolando continuamente, lasciarlo insaporire per qualche minuto poi sfumare con il vino bianco (caldo!) e lasciarlo assorbire. Portare a cottura il risotto, aggiungendo via via il brodo bollente. Poco prima di servire, e a fornello spento, unire mezzo tubetto di crema di tartufo bianco, una manciata di grana e una noce di burro. Mescolare accuratamente, mettere il coperchio sulla casseruola e lasciar riposare il risotto per qualche minuto. Servire caldissimo.
350 g di riso Carnaroli
mezza cipolletta
250 g di salsiccia a nastro
1 calice di vino bianco secco
brodo di carne
1/2 tubetto di crema di tartufo bianco
parmigiano reggiano grattugiato
burro
Tritare la cipolla finemente e rosolarla in una casseruola con 40 g di burro, avendo cura di non farla bruciare o rilascerà un sapore amaro che rovinerà il risotto. Unire la salsiccia, spellata e sbriciolata. Quando si sarà uniformemente colorita, aggiungere il riso e, mescolando continuamente, lasciarlo insaporire per qualche minuto poi sfumare con il vino bianco (caldo!) e lasciarlo assorbire. Portare a cottura il risotto, aggiungendo via via il brodo bollente. Poco prima di servire, e a fornello spento, unire mezzo tubetto di crema di tartufo bianco, una manciata di grana e una noce di burro. Mescolare accuratamente, mettere il coperchio sulla casseruola e lasciar riposare il risotto per qualche minuto. Servire caldissimo.
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