Favoriti da una bella giornata di sole, decidiamo di visitare Mezzegra e i suoi dintorni.La nostra passeggiata inizia dal ponte sul torrente Bolvedro, accanto a villa Pessina.
Davanti agli occhi il monte Crocione, con la caratteristica spaccatura nella roccia
Superato il ponte sul torrente, perennemente in secca, una stretta stradina conduce verso il borgo cinquecentesco di Bonzanigo, frazione di Mezzegra, il nucleo più significativo sotto il profilo artistico, dove viottoli, sottopassaggi e vecchie case, fanno da custodi a numerosissimi affreschi parietali e cappelle.
Nelle vicinanze di un'antica torre di avvistamento, sorge il primo degli storici palazzi di Bonzanigo: il palazzo di Andrea Brentano Riati, oggi palazzo Rosati, edificato nel XVII secolo. Qui occorre aprire una breve parentesi storica. Nei secoli scorsi, i nostri antenati disponevano di una forza motrice potente: il bisogno e la miseria, forza che li condusse lontano, oltre confine, verso tutte le grandi città del Nord e soprattutto Amsterdam, Rotterdam ma anche Amburgo, Brema e altre , ad esercitare il commercio. La strategia degli italiani del Lago di Como è sorprendente: essi si trovavano ovunque vi potesse essere fonte di reddito attraverso il commercio dei prodotti locali come i limoni e gli agrumi, l'olio d'oliva, l'alloro, le castagne e altro. Molti di essi trovarono l'agiatezza e anche rilevanti posizioni di potere. A casa, sul lago, costruirono bellissimi palazzi, quasi tutti nello stesso periodo, con pavimenti in marmo, soffitti affrescati o a cassettoni, saloni di rappresentanza e atrii stupendi. Spesso, poco più in là, c'era ancora qualche bottega come filiale locale di ditte ramificate in tutta Europa. Le famiglie Brentano furono tra quelle che ebbero maggior fortuna e che raggiunsero le posizioni più elevate.
Oltrepassato palazzo Rosati, si entra nel cuore del piccolo borgo, con i suoi vicoli stretti, le vecchie case e gli scorci panoramici.
Il più antico dei palazzi appartenenti ad uno dei rami della famiglia Brentano è, oggi, in parte adibito a sede del Municipio, al cui interno si possono ammirare gli splendidi soffitti con affreschi del Quaglio, e in parte a residence, ma conserva ancora la struttura sei-settecentesca.
I cultori dell'esoterismo troveranno di certo a Bonzanigo cose interessanti. A circa tre quarti d'ora di cammino si trova il Monte degli Stampi, dove si trovano rocce ricche di fossili. Questi fossili, che per la loro forma e dimensione assomigliano a contorni di uno zoccolo equino, hanno preso il nome di "pè de cavai", in dialetto zoccoli di cavalli, ed hanno dato origine a varie leggende. La prima racconta che in questo luogo fosse approdata l’arca di Noè (!). La seconda fa riferimento a un luogo vicino chiamato “Praa de la taca” letteralmente "Prato dell'impronta", un poggio dove si dice usavano incontrarsi le streghe provenienti da Lezzeno.
Lungo l'impervia strada, un incontro inatteso. Un signore che tornava dai campi, dopo aver accudito a viti ed olivi, sentendosi apostrofare nell'idioma locale mi ha scrutato dapprima con curiosità mista a diffidenza poi, venendo a conoscenza delle mie origini, si è aperto a grande cordialità, rimembrando fatti accaduti decenni prima, rimpiangendo la vita di allora, a suo dire più semplice e bella, e mettendomi al corrente di quanti danni abbia fatto, anche in questi luoghi ameni, l'inquinamento e la siccità.
La foto mostra dove si trova, esattamente, il Praa de la taca. E' lassù dove ci sono quei cipressi.
Nel suo volumetto "Viaggio in Tremezzina", Gian Giuseppe Brenna racconta che, secondo la credenza popolare, durante il Medio Evo convenivano al Praa de la taca le streghe di tutto il centro lago. Quelle di Lezzeno arrivavano a cavallo di scope volanti. Vuole la leggenda che in questi raduni giacessero con il Maligno, cavalcassero neri montoni, succhiassero il sangue dei loro nemici. La realtà è un po' meno fantastica. I riti misteriosi non erano che pure e semplici orge, una specie di "dolce vita" dell'età barbarica, con partecipanti di ambo i sessi drogati da infusi vegetali. Nel mezzo del festino poteva anche scapparci il morto. A quei tempi si usavano speciali stiletti, lunghi e sottili, che penetravano nelle carni in profondità, senza lasciare squarci in superficie. Sulla pelle del malcapitato o della malcapitata restava un'impronta rossa, quasi quella di un bacio, da qui la diceria che le streghe succhiassero il sangue. Figuratevi il massacrante lavoro dell'Inquisizione. In un solo anno (1416) l'inquisitore fra Antonio da Casale-riferisce uno scrittore serio come Giambattista Giovio, consegnò al braccio secolare ben trecento tra streghe ed eretici, affinché venissero messi al rogo.
Sulla strada del ritorno, appare dal nulla un grosso cane nero, quasi a sbarrarci la strada. Ci osserva curioso poi, alla vista delle macchine fotografiche puntate su di lui, corre a perdifiato lungo il crinale e scompare nel bosco.
Ritornati sulla strada, affrontiamo la salita Sant'Anna, per raggiungere la parrocchiale di Sant'Abbondio.
La cappella votiva, con un bellissimo affresco raffigurante S. Anna, S. Gioacchino e la Madonna.
La chiesa di Sant’ Abbondio sorge isolata su un poggio, a metà strada tra Bonzanigo e Mezzegra, con la facciata rivolta verso il lago. Probabilmente fondata nel XII secolo in stile romanico, la chiesa è stata poi ricostruita nel 1702 ad opera di emigrati locali e consacrata nel 1724. La ricostruzione ha risparmiato la chiesa alla sua destra, ora adattata a casa parrocchiale. Il maestoso edificio si presenta con un’elegante facciata barocca affiancata da un’antica torre campanaria del 1764.
L’interno è dato da una grandiosa struttura a navata unica terminante in un profondo presbiterio.
Dalla balconata della chiesa di Sant'Abbondio, adornata dai caratteristici platani potati a candelabro, si può godere un ampio squarcio del Lago di Como. Oltre la balaustra, sulla destra, si intravede l'Isola Comacina.
Strumenti e componenti del corpo bandistico locale attendono la fine della funzione religiosa, per poi accompagnare con la musica sacra la processione delle Quarantore.
La nostra passeggiata è arrivata quasi alla conclusione. Arriviamo ad Azzano, frazione direttamente in riva al lago. Le strette stradine del nucleo storico sfociano nella bella piazzetta, chiamata Piazza Magnolia per l’enorme albero al suo centro, menzionato anche nelle canzoni di Davide Van De Sfroos. Il cantautore e scrittore abita proprio qui.
- Tremezzo-il paese dove fioriscono i limoni -Lucia Pini-Silvana Editoriale
- Viaggio in Tremezzina-Gian Giuseppe Brenna-Azienda di Soggiorno e Turismo di Tremezzo
- Itinerario storico di Mezzegra
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Come è possibile non innamorarsi ad ogni piè sospinto di luoghi e atmosfere
RispondiEliminapensa, annamaria, che io, pur essendoci nata in questi luoghi, ho imparato a conoscerli e ad amarli veramente solo ad una certa età. Quando sei giovane, la terra natia ti stà stretta, non vedi l'ora di lasciarla per conoscere nuovi orizzonti. Mi è piaciuto molto il testo della canzone di Van de Sfroos (artista locale che ben conosce la gente e le atmosfere del lago) "La terza onda" :
RispondiElimina"La prima onda è quella che ti invita al viaggio, a prendere il largo quando la terra ti è stretta. La seconda è quella che ti vuol riportare a casa quando sopraggiunge la nostalgia di qualcuno, di qualcosa o della terraferma stessa, ma è solo la terza onda – quella dell’incognito, quella del destino non ancora rivelato, quella della fuga da se stessi e dai punti sicuri della nostra esistenza – a farci sentire veramente vivi e veramente in viaggio nel bene e nel male.".
un abbraccio e grazie della visita
eu
è bellissimo andare in giro con gli occhi di un altro, si scoprono cose che non avremmo mai visto da soli.
RispondiEliminaContinua, per favore
Ho tentato più volte lasciare un commento di mia presenza, qui in questa mia... amatissima terra natia. Spero riuscire ora. Sono nato a Tremezzo nel 1924, ma la vita con le sue vicissitudini, mi ha "fatto finire" qui a Padova. Fino a qualche anno fa, venivo spesso e sovente e soggiornavo al Grifo giù a Campo. Ora l'età, la solitudine, la stanchezza, mi sono "troppo amiche" e non mi lasciano mai. Amo la mia terra, la rimpiango e sempre la ricordo. Sono i ricordi della mia infanzia. Buona e serena Santa Pasqua a Voi tutti, caramente, Sandro Ciapessoni.
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