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mercoledì 29 marzo 2006

Spuma di zabaione



















Ieri pomeriggio, ho visto all'opera lo chef Simone Rugiati sul Gambero Rosso Channel. Sempre molto bravo e veloce, ha preparato una spuma di zabaione con il sifone ISI.
Ho provato a rifarla, seguendo le sue indicazioni, molto vaghe in verità, perciò sarò un po' imprecisa anch'io...

SPUMA DI ZABAIONE
2 uova
3 cucchiai di zucchero
Marsala secco (circa 1 bicchiere)
panna liquida fresca (circa 1,5 dl)
in una ciotola battere molto bene i tuorli con lo zucchero, aggiungere il vino Marsala e far addensare su un bagno-maria caldo. Fuori dal fuoco, aggiungere un albume,leggermente sbattuto in precedenza. Amalgamare accuratamente, unire la panna, filtrare e versare nel sifone. Immergere il recipiente, per qualche minuto, nel bagno-maria (a fuoco spento). Caricare la cartuccia, agitare e servire in coppa. Rugiati aveva deposto, sul fondo della coppa, degli amaretti spezzettati e versato sopra una tazzina di caffè espresso.

Risotto al pesce persico

il risotto di casa mia
Risotto e pesce persico sono un connubio arcinoto per chi frequenta le rive del lago di Como; tuttavia, per mio gusto e tradizione familiare, il pesce persico ho sempre preferito gustarlo impanato come una cotoletta e servito accompagnato da un’insalata di pomodori e cetrioli. Questa abitudine denota chiaramente la relativa facilità di reperire materia prima freschissima abbondante (per una frittura occorre molto più persico che per la guarnizione di un risotto) e a prezzo ragionevole. Non per niente avevo uno zio che aveva tramutato l'hobby della pesca in professione, gestendo, contemporaneamente, una trattoria in riva al lago. Di ricette ce ne sono un’infinità, basterebbe sfogliare qualche libro o navigare (mai termine fu tanto appropriato, trattandosi di piatto lacustre) in rete. Una classica ricetta prevede: RISOTTO AL PESCE PERSICO per 4 persone 350 g riso Arborio o Carnaroli 50 g circa di burro ½ cipolla ½ bicchiere di vino bianco secco brodo vegetale bollente alla bisogna 4 filetti di pesce persico a testa farina q.b. burro per friggere il pesce foglie di erbe salvia Si scioglie il burro in una casseruola, si getta la cipolla tritata finemente, la si lascia ammorbidire, a fuoco dolcissimo, si versa il riso, si fa tostare, si sfuma con il vino. Quando l’alcool sarà evaporato, si aggiunge il brodo, un mestolo alla volta, e si porta a cottura. In una larga padella si mette il burro e alcune foglie di salvia, si infarinano i filetti, si gettano nel burro spumeggiante e si fanno dorare da entrambi i lati. Si mettono ad asciugare su carta assorbente, si salano e si dispongono a corona sopra il risotto.C’è chi, per ulteriore guarnizione, frigge una noce di burro con alcune foglie di salvia e versa questo condimento sulla preparazione, prima di servire. Varianti: Il riso può essere semplicemente bollito e insaporito con burro e salvia. I filetti di persico, invece che infarinati, possono essere passati nell'uovo sbattuto e nel pane grattugiato, ottenendo una specie di cotoletta: la preparazione risulta più ricca ma meno raffinata. In un ristorante sulla collina di Tremezzo preparano un ottimo risotto con pesce persico passando i filetti prima nell’uovo sbattuto e poi, con mano leggera, nella farina.

il risotto della Taverna Bleu

RISOTTO AL PESCE PERSICO (a modo mio) 320 g di riso Carnaroli 1 dado di soffritto di cipolla congelato (versione suggerita da Allan Bay, vedere spiegazione in fondo) ½ calice di vino bianco caldo brodo vegetale quanto basta una noce di burro e un paio di cucchiai di parmigiano grattugiato per mantecare (licenza poetica) 5 filetti di pesce persico a testa latte 2 uova sbattute con poco sale e pepe bianco pane grattugiato finissimo burro chiarificato due foglie di erba salvia Nella casseruola metto a sciogliere a fuoco dolcissimo il dado di soffritto, getto il riso, faccio tostare per qualche minuto, sfumo con il vino bollente. Quando tutto il liquido è assorbito unisco il brodo, un mestolo alla volta, e porto a cottura. Fuori dal fuoco manteco con il burro e il parmigiano, copro e lascio riposare per un paio di minuti. In una terrina verso un po’ di latte e lascio i filetti a bagno per una mezz’oretta, al fresco. Dopo di che, li asciugo e li passo nelle uova sbattute e poi nel pangrattato, cercando di avere mano leggera.Friggo, da ambo i lati, nel burro aromatizzato con le foglie di salvia e faccio asciugare su carta assorbente. Dispongo il riso in un piatto da portata caldissimo e adagio sopra i filetti, disposti a corona. Credo che per la buona riuscita di questo piatto sia raccomandabile, oltre alla qualità delle materie prime, l’utilizzo di pane grattugiato preparato in casa e tritato finissimo. SOFFRITTO DI CIPOLLE Allan Bay: 1 chilo di cipolle dorate, pelate e tritate fini 150 g di burro far sciogliere il burro e farvi rosolare le cipolle, a fuoco dolcissimo e a tegame coperto, per almeno 40’. Se dovessero asciugare troppo, aggiungere poca acqua calda. Fare molta attenzione che le cipolle non brucino. Passarle al minipimer, distenderle in uno stampo rettangolare basso, coperto da carta forno e far congelare. Dividere a quadrotti , sigillare nei sacchetti appositi e conservare nel freezer. Dura 3 mesi.

martedì 28 marzo 2006

Filetti di trota alle mandorle

















Gustate in un grazioso locale di Basilea, il ristorante dell' hotel Merian



2 trote (già private della testa e diliscate)
1 trota salmonata (idem come sopra)
farina q.b.
mandorle affettate q.b.
burro e olio d’oliva q.b.
2 foglie erba salvia
limone facoltativo
sale, pepe
spinaci
1 piccolo scalogno
mezzo cucchiaino di zatar
le capsule di un anice stellato, ben pestate

Togliete la pelle ai pesci, dividete ogni filetto per la lunghezza , poi tagliate ogni pezzetto in due orizzontalmente.Salate e pepate. Infarinate su un verso i filetti e sull’altro passateli nelle mandorle affettate. Premete bene per far aderire quante più mandorle possibile. In una padella antiaderente mettete una noce di burro, poco olio, le foglie di salvia. Quando i grassi saranno caldi adagiate i filetti con la parte delle mandorle rivolta verso il fondo, lasciate cuocere pochi minuti, il tempo di dorare, girate il pesce e finite di cuocere. Nel frattempo, in un’altra padella, fate soffriggere in pochissimo olio un trito di scalogno, lo zatar e la polvere d'anice, gettatevi gli spinaci (lavati in più acque e ancora grondanti) e lasciate insaporire pochi minuti. Salate e pepate. Presentate i pesci mettendo sul piatto un letto di spinaci e disponendo i filetti in bell’ordine. Volendo, si può deglassare il fondo di cottura con un po’ di succo di limone e versarlo bollente sopra la preparazione.

venerdì 24 marzo 2006

Muffin al caffè

In questo periodo, sento il bisogno di consumare alcune derrate alimentari che giacciono, in confezioni semi-piene, nella mia credenza.Ecco una gustosa idea per smaltire un po' di roba.















360 g di farina 00
130 g di datteri
60 g di uvetta di Corinto (la preferisco, ma potete usare una comune uvetta sultanina)
1/2 cucchiaino da caffè di cannella
120 g di caffè fatto con la moka, forte e bollente
100 g di burro freschissimo
1 bustina di vanillina
170 g di zucchero di canna, del tipo macinato fine
2 uova a temperatura ambiente
1 cucchiaino da tè colmo di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di sale fino

Denocciolare i datteri e tagliarli a pezzetti. Metterli in un recipiente insieme all'uvetta e alla cannella, versarci sopra il caffè bollente e lasciare in infusione per un quarto d'ora. Nel frattempo, battere a crema il burro con la vanillina, aggiungere, sempre lavorando con le fruste elettriche, lo zucchero e montare il composto a schiuma. Unire, uno alla volta, le uova. Utilizzando una spatola o un cucchiaio di legno, amalgamare all'impasto i datteri e le uvette (con tutto il caffè).Setacciare la farina con il lievito e il sale, mescolarli al resto degli ingredienti, avendo cura di non lavorare troppo il composto. Versare l'impasto negli appositi stampi e cuocere in forno, preriscaldato a 180°C per circa 25'. Con queste dosi si otterranno 12/14 dolcetti.

Leckerli- tutte le fasi di preparazione

l'impasto prima di essere steso











l'impasto steso nella placca

















l'impasto cotto













l'impasto spennellato con la ghiaccia












prodotto finito

I leckerli di Basilea

I leckerli sono la specialità dolce di Basilea. Un impasto ricchissimo in mandorle e canditi, profumato di spezie e miele. Nelle vetrine delle pasticcerie si possono ammirare infinite variazioni di questi dolcetti. Vi scrivo la mia versione, che mi venne ispirata dal maestro pasticcere svizzero Luciano Mignami, purtroppo deceduto qualche anno fa in seguito ad un incidente alpino. Un grazie sentito.In famiglia ne andiamo ghiotti, tanto è vero che ne ho fatto un'infornata proprio stamattina, anche se il periodo ideale per la loro degustazione sarebbe quello natalizio.



BASLER LECKERLI (Leckerli di Basilea)


450 g di miele di millefiori o anche di acacia, purché nostrano
400 g di zucchero
400 g di mandorle sbucciate e tritate grossolanamente
150 g totali di scorze d'arancia e di cedro candite
10 g di cannella in polvere
5 g di miscela di noce moscata e chiodi di garofano in polvere
500 g di farina
50 g di Kirsch
2 bustine di vanillina
2 pizzichi di sale

Per la ghiaccia all'acqua
Portare ad ebollizione 250 g di zucchero con 80 g di acqua, continuare la cottura per 5 minuti. Usare subito questa ghiaccia (ben calda).

Esecuzione
Riscaldare il miele con lo zucchero fino ad ottenere una miscela liquida ed omogenea. In una larga terrina mescolare tutti gli altri ingredienti (meno il Kirsch), versarvi sopra il composto ancora caldo, mescolare, aggiungere il distillato e impastare brevemente.Rovesciare la massa (che sarà piuttosto appiccicosa) su una placca ricoperta da un foglio di carta forno, lasciandola brevemente intiepidire per poterla meglio lavorare. Cominciare a stendere il composto con le mani inumidite.Coprire con un secondo foglio di carta forno e, aiutandosi con un matterello, stenderlo ad uno spessore uniforme, occupando tutto lo spazio della placca.E' un'operazione un po' faticosa ma occorre procedere con precisione per ottenere dei dolcetti di forma regolare. Togliere il foglio di carta dalla superficie, pareggiare bene e cuocere nella parte bassa del forno, preriscaldato a 180°C, per circa 14-15 minuti.L'impasto deve diventare un bel marroncino dorato.Non va assolutamente cotto di più perché diventerebbe amaro. Subito dopo la sfornata pennellare più volte la superficie con la ghiaccia all'acqua. In breve si formerà una candida camicina.Con sveltezza suddividere in quadretti o piccoli rettangoli, prima che il tutto si raffreddi.Durano parecchio tempo, se conservati in scatole di latta ben chiuse.


Tutte le fasi di preparazione dei leckerli le potete vedere su questo post.

https://www.rsi.ch/play/tv/-/video/laeckerli?urn=urn:rsi:video:782665

Basilea
















Basilea, come certamente saprete, è una cittadina posta al nord della Svizzera, sul confine con Francia e Germania. Alla periferia nord della città sono insediate importanti industrie chimiche e farmaceutiche, nonché numerosi stabilimenti in cui si producono i più rinomati orologi svizzeri.Su una grande ansa del fiume Reno, sorge la città vecchia, dominata dalla bellissima cattedrale in stile romanico tardivo - gotico primitivo.
Ma è la Piazza del Mercato il vero cuore di Basilea.Il suo mercato dei fiori, della frutta, del pane, si tiene tutti i giorni, esclusa la domenica.Su un lato della piazza si può ammirare il Municipio (Rathaus), costruito nel XIV secolo e ristrutturato nel XVII, dipinto di un rosso intenso con fregi dorati.



giovedì 23 marzo 2006

Un bel week end a Juan les Pins





Sabato siamo partiti per il mare; il tempo era incerto ma, come spesso succede, il brutto tempo non è durato a lungo e il pomeriggio si è aperto su un pallido sole.
Domenica sera siamo andati a cena al ristorante Le Festival de la Mer,
specializzato in ostriche, crostacei e pesce appena pescato.Una delle entrées è stato un bel piatto di salmone selvaggio, servito con blini e panna acida aromatizzata all'aneto. L'altra sera, ho riproposto il piatto.Vi scrivo la ricetta dei miei blini.



BLINI
200 g di farina di grano saraceno
100 g di farina 00
10 g di lievito di birra
una noce di burro
350 g di latte
1 pizzico di zucchero
3 uova (separate)
un cucchiaino raso di sale fino
burro per ungere il padellino
In due dita di latte tiepido far fondere il lievito, un pizzico di zucchero e un cucchiaio di farina bianca. Lasciar riposare la pastella per una decina di minuti. In una bacinella setacciare le farine con il sale, praticare un foro nel mezzo, versare il latte tiepido in cui si sarà fatto sciogliere la noce di burro,i tuorli e l'intruglio di lievito. Mescolare accuratamente, coprire con pellicola e lasciar lievitare, in luogo tiepido, per un'oretta. Trascorso questo tempo, montare a neve gli albumi, aggiungerli delicatamente all'impasto e cuocere, un mestolino alla volta, nell'apposito padellino da blini (diametro 10 cm).
Servizio: arrotolare delle fettine di salmone a mo' di rosellina, adagiarle al centro di un piatto, decorare con fettine di cetriolo e di limone, completare con due blini caldi e alcuni ciuffi di panna acida aromatizzata con aneto o erba cipollina, finemente tritati.

mercoledì 22 marzo 2006

Agoni in carpione alla lariana

Questa è una ricetta che ci aveva insegnato lo zio Attilio, pescatore e gestore di una piccola trattoria sul lago.




AGONI IN CARPIONE ALLA LARIANA
1 chilo di agoni
latte
farina
olio di oliva per friggerli
1 carota
1 cipolla
1 gamba di sedano bianco
2 spicchi d’aglio tagliati a fettine
1 bicchiere di acqua
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere di aceto bianco (o mezzo bicchiere se è aceto nostrano forte)
sale q. b.
5 grani di pepe nero
1 cucchiaino di zucchero
5 ramoscelli di segrigiola (una pianta aromatica che cresce in Tremezzina; se non la trovate sostituitela con il timo o con la santoreggia)


Gli agoni si eviscerano, si asciugano e si lasciano per un’oretta immersi nel latte, al fresco. Indi, si sgocciolano e si passano nella farina bianca. Si friggono in olio d’oliva e si mettono ad asciugare su della carta da cucina. Poi si salano. Io preferisco sfilettare i pesci e, dopo averli fritti, li taglio in pezzi abbastanza grossi. Sono più comodi da porzionare. Gli agoni cotti si dispongono in una larga terrina e si guarniscono con i ramoscelli di segrigiola.Nella stessa padella dove si sono fritti i pesci, pulita sommariamente con un po’ di panno carta, si mette l’acqua, il vino, l’aceto, le verdure tagliate a julienne, lo zucchero e le droghe. Si lascia bollire per pochi minuti, le verdure devono rimanere al dente. Si versa il carpione caldo sugli agoni, si lascia raffreddare e poi si tiene in frigo per almeno un giorno prima della degustazone. Si serve come antipasto.

Crema del Lario































Una crema sorprendente e di facilissima esecuzione. Una specialità nata a Tremezzo, sul lago di Como.


CREMA DEL LARIO

1/4 di litro di panna fresca
50 g di zucchero a velo
2 cucchiaini di succo di limone e un poco di scorza grattugiata
1 bicchierino di liquore (io uso brandy Cardenal Mendoza)
Si monta la panna; si aggiunge, lavorando con una spatola, lo zucchero a velo, la buccia di limone e il succo. Per finire si incorpora, delicatamente, il liquore. Si versa in coppette e si tiene in frigo fino al momento di servirle. Guarnire con biscottini (nel mio caso, gli squisiti biscottini al latte del biscottificio Rossi).

Agoni in graticola con salsa verde

Anche questa è una ricetta di famiglia, precisamente della zia Assunta.

Si eviscerano i pesci semplicemente facendo pressione vicino alla coda. Lavati e asciugati che siano si mettono in una terrina, spolverandoli di sale grosso. Si lasciano così, al fresco, per una notte. Il giorno dopo si scuotono dal sale e si cuociono sulle braci, prima da una parte e poi dall'altra, facendo attenzione, quando si girano,a non romperli. Si mettono in un recipiente che possa andare in tavola coprendoli di una salsa verde profumata, preparata con le foglie di un mazzetto di prezzemolo, finemente tritate con uno spicchio d'aglio, sale,pepe, olio extravergine di oliva e aceto. Lasciar riposare i pesci in frigorifero per una giornata, prima di servirli.

Il paradell


In Tremezzina chiamiamo Paradell quella che a Como è la Cutizza: una specie di grande frittellona, che poi viene tagliata a spicchi e cosparsa di zucchero. Molto nota fin dai tempi più antichi, viene menzionata anche nella filastrocca del Crapa Pelada. Dare delle dosi è un po' difficile, poiché sono sempre stati dolci che si preparavano a "shtimm", a stima. Farina, acqua e latte (o solo acqua nei tempi antichi) fino a formare una pastella lenta che poi si friggeva in olio d'oliva e si cospargeva con tanto zucchero semolato. Per noi bambini era una delle merende più gradite, ma già allora (stiamo parlando degli anni Sessanta) l'impasto veniva arricchito con qualche uovo e frutta di stagione come mele, pere o pesche. Io preferisco la versione liscia.



Ingredienti per un grosso paradell:
2 uova
un pizzico di sale
4 cucchiai colmi di farina bianca 00
6 cucchiai di latte
olio di oliva per friggere
zucchero semolato q.b.

Rompere le uova in una terrina; aggiungere un pizzico di sale e mescolare brevemente con una frustina, solo per amalgamarle. Unire la farina setacciata e il latte, formando una pastella liscia e priva di grumi. Mettere sul fuoco una padella antiaderente contenente dell’olio d’oliva; quando sarà caldo versarci la pastella e lasciar rassodare per circa due minuti, voltare il paradell e finire di cuocere. Scolarlo e metterlo ad asciugare su un piatto coperto da carta assorbente. Cospargere con abbondante zucchero semolato e servire caldo, tagliato a spicchi.


Il pan mataloch

Il pan mataloch è una specialità del Lario. Fa parte della grande famiglia dei pani dolci lombardi, come il Panün e la Bisciöla valtellinesi o il pan tranvai di area milanese-brianzola, quest’ultimo più povero di ingredienti. Era il dolce di Natale dei nostri avi.
Ho provato a farlo con il lievito madre, aggiungendo una piccola percentuale di farina integrale di segale, mia personale variante (a imitazione della Bisciöla ), anche se l’impasto tradizionale richiederebbe solo farina bianca. Il risultato è stato confortante.

PAN MATALOCH con lievito madre
150 g di lievito madre
250 g di farina 0
50 g di farina integrale di segale
1 cucchiaio di miele
30 g di latte
80 g di burro liquefatto e freddo
1 uovo
80 g di zucchero
1 cucchiaino di semi di anice, pestati nel mortaio e ridotti in polvere
la scorza grattugiata di ½ limone
1 cucchiaino di sale
80 g di uvetta di Corinto (quella piccola e scura)
140 g di fichi secchi
40 g di arancia e cedro canditi
grappa q.b.
40 g di nocciole
40 g di noci
40 g di mandorle

Il lievito madre che si andrà ad usare sarà appena stato rinfrescato. Metterlo in una ciotola, coprirlo e lasciarlo così per circa 5 ore. Trascorso questo tempo, prendere il panetto e metterlo nell’impastatrice, diluirlo con il latte tiepido, aggiungere il miele, le farine setacciate e cominciare a lavorare. Unire il burro, liquefatto e freddo, l’uovo ( a temperatura ambiente) e lo zucchero. Profumare con l’anice e la scorza di limone.Infine il sale. Lavorare l’impasto a bassa velocità per circa 20 minuti. Dovrà risultare piuttosto tenero e appiccicoso.

Tagliuzzare i fichi secchi, metterli in una ciotola con le uvette (precedentemente risciacquate sotto acqua corrente) e le scorze di cedro e arancia, sempre tagliate a tocchetti. Bagnare con della grappa e lasciare in infusione per una decina di minuti.Tritare grossolanamente le noci, le nocciole e le mandorle.Unire tutta la frutta secca all'impasto, incorporandola accuratamente. Dividere la massa in due parti, forgiarne delle pagnottelle del peso di circa 550/600 g cadauno, disporle su una placca ricoperta da carta forno. Lasciar lievitare tutta la notte. Il mattino seguente, cuocere i mataloch in forno caldo a 190°C per circa 20 minuti, ridurre la temperatura a 170°C e continuare la cottura per altri 20 minuti circa.

Annota bene: girovagando per il web mi sono accorta del solito, noto, irritante costume di copiare le ricette dai blog senza citarne la fonte. Ecco due esempi calzanti: la MIA ricetta di mataloch (fatta con il lievito madre) trovata anche qui e qui. Se qualcuno dei titolari dei siti in questione mi legge, provveda ad attribuire la fonte corretta.

La miascia

La miascia è una torta tipica di Tremezzo, in provincia di Como, lavorata a partire dal pane raffermo ammollato nel latte e arricchito da frutta, uvetta o uva fresca, scorza di limone,farina bianca e gialla,rosmarino,olio e uova.Il suo potenziale nutritivo e' evidente, dall'elenco degli ingredienti non si evince però quanto buona sia questa torta, che davvero val la pena di assaggiare, specie se e' vecchia di un paio di giorni e la si fa rinvenire nel forno. Una "cugina" più ricca di questa torta è la torta paesana, tipica della Brianza, alla quale si aggiungono ingredienti più ricercati quali: amaretti,cacao e liquore.Questa è la ricetta della nostra famiglia.





3 etti di pane raffermo
latte q.b. a coprirlo (circa 3/4 di lt)
2 uova intere
scorza di limone grattugiata
un pizzico di sale
3 mele e 3 pere pelate e tagliate a fettine
una manciata di uva bianca fresca o, in mancanza, mezz'etto di uva sultanina
3 cucchiai di farina bianca
1 cucchiaio di farina gialla
1 etto e mezzo di zucchero
Per guarnire:burro a fiocchetti, olio, zucchero in granella e un rametto di rosmarino
Lasciate a mollo, nel latte bollente, il pane tagliato a dadolini;quando sarà disfatto passatelo al passaverdure e unitevi, mescolando con cura, le uova intere e tutti gli ingredienti elencati.
Versate l'impasto in una tortiera imburrata e spolverata di pangrattato, spianandolo allo spessore di quattro centimetri.Cospargetevi sopra fiocchetti di burro, zucchero in granella, un filo d'olio d'oliva e gli aghi di rosmarino.Cuocere in forno moderato (180°) per circa settanta minuti.La miascia si può mangiare tiepida o fredda.Questa era la torta della povera gente.

Perché un blog

Ho sempre sognato, se ne avessi avuto i mezzi e le capacità organizzative, di aprire un piccolo locale, molto d'atmosfera, in un posto preciso: un angolo incantato del lago di Como. Il sogno comprendeva mia madre, come aiuto indispensabile in cucina, e il resto della famiglia impegnato in varie mansioni. L'avrei chiamato "La Belle Auberge", come il nome della locanda, nel sud della Francia, in cui andavamo spesso a cenare con le figlie bambine. Una vecchia casa con un giardino occupato da tavolini e sedie in ferro, alti platani, ortensie e vasi di geranei un po' ovunque. Un posto familiare, senza tante pretese, ma accogliente. Gli anni sono passati, la mamma non reggerebbe più i ritmi di un ristorante...mi è rimasto il sogno. In questo blog vorrei inserire foto, ricette, impressioni e atmosfere a me congeniali. Venite a trovarmi a

La Belle Auberge


Vi aspetto