giovedì 18 gennaio 2007

Torta ciuca

E' una torta casereccia, dal gusto delicato e particolare. Perché ciuca (ubriaca)? Le mele del ripieno sono cotte nel vino bianco. La ricetta l'ho trovata sul calendario 2007 dell'UNIONE DEI COMUNI DELLA TREMEZZINA ed è stata fornita da una trattoria di Ossuccio, sul lago di Como.


Questa è la mia versione.



Per la frolla:
400 g di farina 00
200 g di burro freschissimo
200 g di zucchero fine (Zefiro)
4 tuorli
2 uova intere *
un pizzico di sale
la buccia grattugiata di mezzo limone
1 bustina di vanillina
1/2 cucchiaino di lievito per dolci **

Per il ripieno:
4 grosse mele renette (circa 1 Kg)
vino bianco secco (2 dl circa)***
120 g di zucchero
1 limone
1 foglia di alloro
1 bastoncino di cannella
2 chiodi di garofano
1 cucchiaino di cannella in polvere
3 fette biscottate ridotte in polvere

Preparare la frolla impastando prima il burro e la farina con gli aromi, il sale e il lievito; quando il composto diventerà sbricioloso aggiungere lo zucchero,i tuorli e le uova intere. Lavorare brevemente la pasta, avvolgerla in pellicola per alimenti e tenerla in frigo almeno 2 ore.
Nel frattempo, sbucciare le mele, tagliarle in otto spicchi ciascuna, passare gli spicchi nel succo di limone per non farli annerire. Metterli in un tegame, versarvi sopra il vino, lo zucchero, la buccia del limone, la stecca di cannella, la foglia di alloro e i chiodi di garofano. Coprire e far cuocere per una decina di minuti. Le mele dovranno essere morbide ma non sfatte. Scolarle, spolverarle con un po' di cannella in polvere e lasciarle raffreddare.
Trascorso il tempo di riposo della frolla, stenderla in due dischi. Attenzione: la pasta è molto morbida ed è preferibile stenderla aiutandosi con della carta forno e della pellicola. Ritagliare della carta forno nella dimensione dello stampo, appoggiarci sopra il panetto di frolla, poggiarvi sopra della pellicola e stendere con il matterello. Adagiare nello stampo (cm 26 diametro), spolverare con le fette biscottate tritate, appoggiarvi sopra le mele (ben scolate dal liquido) e ricoprire con il secondo disco. Consiglio di tenere quest'ultimo in frigo fino al momento dell'uso. Bucherellare la superficie e cuocere in forno moderato (180°C) per circa 45 minuti. Una volta fredda, spolverare la torta con dello zucchero a velo.

* il numero delle uova dipende dalle loro dimensioni che, in questo caso, dovranno essere di medio calibro. Se le uova fossero del tipo extra-large, consiglio di mettere 5 tuorli e 1 uovo intero, aggiungendo l'albume solo se necessario.
** la ricetta originale prevede un'intera bustina di lievito.
*** mia madre ha sostituito il vino bianco con del Chianti e mi ha garantito che il risultato è ottimo.







17 Gennaio - Sant’Antonio abate, l’eremita egiziano del IV secolo, fu sempre molto popolare sul Lario, come del resto in Lombardia. Lo si ritiene protettore degli animali e consolatore dell’uomo nelle sue tribolazioni. Ricorrevano a lui le donne calunniate, le fanciulle gli si confidavano. Lo si rappresentò in veste di eremita al lavoro col porcellino accanto, presso una capanna di paglia, sovente disturbato dal demonio che lo tenta e lo fa imbizzarrire, sotto l’aspetto di un porco. Era ritenuto “il grande mercante di neve” giacché la sua ricorrenza, il 17 gennaio, cadeva nel periodo più nevoso dell’anno. Nel giorno di Sant’Antonio, un tempo ovunque festivo, venivano portati gli animali, cavalli e muli soprattutto, sulla piazza del paese per essere benedetti: si affermava che la protezione del santo li avrebbe guardati non solo dal morbo, ma anche dagli scherzi del folletto che amava disturbarli quando stavano alla mangiatoia, facendoli deperire. Era abitudine, a Sant’Antonio, di consumare un pasto sostanzioso. In alcuni villaggi si mangiavano ravioli con ripieno vegetale. La neve, che impediva quasi sempre ogni lavoro, favoriva questa festa. La sera prima si accendevano sovente dei falò: forse in ricordo del fuoco sacro di Sant’Antonio, sgominato per suo intervento durante un’epidemia avvenuta in Francia nel XI secolo. Qualche tizzone di quei falò veniva conservato per scongiurare quel male. Va ricordato che la festa di Sant’Antonio dava avvio al carnevale; per gli uomini, soprattutto in montagna, segnava l’inizio di una sosta dal lavoro, obbligata dalla gran neve: quei giorni venivan dedicati a fabbricare nelle stalle gerle, cavagni, slitte, manici, attrezzi di lavoro.

Testo liberamente adattato da uno scritto di Pietro Pensa.

Nella mia parrocchia, i Padri Rogazionisti hanno invitato i fedeli, domenica prossima alle ore 16, a portare cani, gatti e altri animali domestici sul sagrato della chiesa, ove verrà loro impartita una benedizione.

da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/22300 :"Patrono di tutti gli addetti alla lavorazione del maiale, vivo o macellato; è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perché guariva da quel fuoco metaforico che era l’herpes zoster, ma anche in base alla leggenda popolare che narra che s. Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo e mentre il suo maialino sgaiattolato dentro, creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a ‘tau’ e lo portò fuori insieme al maialino recuperato e lo donò all’umanità, accendendo una catasta di legna.".

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